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lunedì 14 aprile 2014

L'abominio del concorso esterno in associazione mafiosa e del reato del voto di scambio



Qualche bel tomo esulta per il fatto che Marcello Dell'Utri sia stato arrestato in Libano e presto verrà estradato in Italia per scontare in carcere la pena a sette anni di reclusione per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Premesso che se uno vuole scappare va in un paese in cui non sono previsti trattati di estradizione con l'Italia, in incognito, in posti sperduti, alla chetichella, e non in un albergo lussuoso, col suo nome regolarmente registrato e usando le proprie carte di credito senza alcun tentativo di nascondersi, qualcuno prima o poi dovrà rendersi conto di quale razza di ABERRAZIONE sia il maledetto reato di concorso esterno in associazione mafiosa!!!
Non vi starò a tediare con la lunghissima stesura dell'attuale art. 416 bis del Codice Penale che punisce il reato di Associazione di tipo mafioso, nel caso andate qui:
Permettetemi però due parole al riguardo.

Già il fatto di punire la semplice adesione programmatica ad un'organizzazione criminale "semplice", come prevede il reato di Associazione a delinquere di cui all'art. 416 del codice penale, senza magari che vengano compiuti da parte del soggetto effettivi reati di alcun tipo, è sotto certi profili ai limiti della costituzionalità, figuriamoci quindi se su questa premessa viene dato rilievo penale autonomo e aggravatorio addirittura a un DATO PURAMENTE SOCIOLOGICO, quello della "cultura mafiosa", che attiene a comportamenti, idee, mentalità, codici verbali e non verbali propri solo di determinati ambienti, società e culture, in quanto tale sempre soggetto a forti condizionamenti pregiudiziali di ordine culturale, politico, ideologico, economico e persino territoriale (se non razziale tout court, quando concerna fenomeni malavitosi associativi di importazione dall'estero).
Oh, intendiamoci, si tratta di una disciplina, quella sulle associazioni criminali, che sempre più Stati hanno in qualche modo introdotto nelle rispettive legislazioni per contrastare soprattutto il terrorismo (l'odioso concorso morale, per dire, lo ricordate?), in una sorta di guerra non dichiarata ufficialmente che come tutte le guerre reclamava il suo tributo di nefandezze e  ispirata da logiche che nulla hanno a che fare col processo penale e con le tutele apprestate a favore dell'imputato e molto semmai con la pura e semplice voglia di annientamento del nemico, costi quel che costi e in barba a tutte le garanzie.
Una logica che poi è stata estesa ad un'altra guerra, quella contro le mafie, perché alla fine anche gli Stati che si definiscono democratici, se possono, amano giocare sporco nelle situazioni in cui sono sotto attacco.
Ovviamente sempre nelle migliori intenzioni, si dicono tra loro e dicono ai loro cittadini.
Però...

Però:
1) da un lato a parità di comportamenti criminali si corre veramente il rischio che si puniscano determinati soggetti in un modo piuttosto che in un altro solo per la loro provenienza razziale, geografica, territoriale o familiare;

2) dall'altro,  può capitare persino di punire determinate condotte formalmente nemmeno delittuose solo perché compiute nell'ambito di conoscenze riconosciute come mafiose nel senso sopra descritto;

3) soprattutto non si può non rilevare come, su tali basi, si dia la possibilità a dei magistrati particolarmente zelanti di poter ritenere l'esistenza del reato di associazione mafiosa anche in strutture criminali che francamente nulla hanno a che fare con le radici geografiche, storiche e culturali di tali fenomeni, se non per una certa facilità all'uso della violenza intimidativa per fini criminali, connessa all'esistenza di vincoli particolari di solidarietà tra i singoli aderenti: una soluzione che in certi casi concreti può anche essere comprensibile (penso ad esempio alla cosiddetta Mafia del Brenta di Felice Maniero, o alla Banda della Magliana a Roma), ma spesso, se adottata indiscriminatamente in maniera generalizzata, potrebbe portare a degli abusi intollerabili sul piano stretto delle garanzie per gli imputati, stante la restrittività della disciplina penalistica, sostanziale, procedurale e penitenziaria che colpisce i reati di mafia e solo quelli rispetto a chi si renda autore di reati magari dello stesso genere ma cui non viene attribuito dal magistrato inquirente tale specifico connotato.

Si tratta di un elemento, quest'ultimo, che spesso viene messo in secondo piano, ma tutt'altro che secondario invece, ora che vige la totale libertà in capo ad ogni singolo magistrato di avviare un'azione penale, senza che alcuno possa avere ad eccepire alcunché se non per semplici motivi di funzionalità organizzativa dell'ufficio (almeno in teoria...); ora che non c'è una vera e propria responsabilità civile in capo alla PERSONA magistrato per errori dovuti a dolo o colpa grave commessi nell'esercizio delle sue funzioni; ora che tutto l'ambito disciplinare è devoluto al C.S.M., a sua volta composto anche lui da magistrati e non da soggetti terzi (almeno per la gran parte) e tutti votati dall'intera magistratura nell'ambito di ben precise correnti politico-culturali certo non estranee alla corrente lotta politica, come ben sappiamo...
Così come ben sappiamo che per certi magistrati ogni reato, alla fin fine, si riconduce alla mafia in tutte le sue varie espressioni, soprattutto se chi ne è accusato appartiene a circoli, ambienti, famiglie, associazioni o quant'altro che detti magistrati in pubblico e/o in privato non fanno altro che attaccare per motivi vari (tanto sappiamo quali..)
Ma andiamo avanti.

E' un principio tradizionale e pacificamente accettato dagli Stati di diritto, o che si proclamano tali, che, come recita l'art.1 del Codice Penale vigente dal 1930, il cosiddetto codice Rocco (un codice FASCISTA!!!), "Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite". 
Una norma fatta propria dalla Costituzione repubblicana la quale, all'art. 25, secondo comma, recita testualmente (tra l'altro, fatemelo dire, in termini meno perentori del disdegnato codice Rocco): "Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso".


In sostanza, i reati penali, al contrario delle infrazioni civilistiche, e come faticosamente si sta cercando di fare per le norme amministrative e disciplinari punitive, devono essere espressamente previsti dalla legge, e prima che gli stessi siano stati compiuti: sono cioè TASSATIVI (quelli e solo quelli), NOMINATI (individuati uno per uno), CIRCOSCRITTI (sono a numero chiuso), ESPRESSI (non  frutto di deduzione od interpretazione estensiva, ma chiaramente delineati, nella struttura, nel contenuto, nelle modalità, nelle finalità, solo per iscritto), DEFINITI E PREVISTI SOLO DALLA LEGGE EMANATA DAL PARLAMENTO CON LE DOVUTE FORME PREVISTE DALLA COSTITUZIONE (quindi solo da leggi statali, nelle forme prescritte, e nelle loro caratteristiche e modalità essenziali, non da leggi regionali, non da regolamenti ministeriali, non da circolari, non dalla dottrina e tanto meno dalle sentenze, con una riserva assoluta di legge che può conoscere limitatissime deroghe solo nelle questioni di mero dettaglio, ad esempio su una definizione di un bene magari già presente in altra disciplina, o sulla quantità di droga ammessa come uso personale, e cose così...) E PRIMA CHE IL FATTO SIA AVVENUTO (irretroattività assoluta della norma penale punitiva)
Insomma se un dato comportamento prima del suo eventuale compimento non è già sanzionato per iscritto in maniera precisa dalla legge penale scritta, votata e promulgata nelle dovute forme NON E' REATO!
Punto. 
Fine della discussione.
Bene, leggete ora l'art. 416 bis del codice penale.




Come ho scritto prima, già di per sé è un reato ai limiti della legittimità costituzionale, ma diamo per scontato che non sia così (d'altronde c'è, quindi così è anche se non ci piace): bene o male il concorso nel reato è disciplinato dal codice, ed il reato di associazione mafiosa è appunto un reato comunque presente nel codice, con sue specifiche caratteristiche (per quanto più di tipo sociologico che penale, ripeto), con una previsione di pena ben precisa, insomma bene o male una persona sa che se si comporta nel modo previsto da quella norma incorre in quelle sanzioni lì, per cui in linea ipotetica si può anche individuare un concorso in un reato associativo, in un reato cioè che tecnicamente già viene definito reato di concorso necessario, perché presuppone un insieme di persone che collaborino per il medesimo fine criminale.
E' però a mio parere logicamente estremamente difficile configurare un concorso in un reato di concorso necessario: in un'associazione criminale o entro o non entro, se entro sono colpevole, se non entro no, non posso entrarci ma solo di striscio...

Ma vabbè, ok, concesso: se io Pinco Pallino in qualche modo collaboro in un certo modo  con una certa organizzazione, composta da almeno tre persone, con determinate finalità e metodi propri di certi ambienti criminali, se a maggior ragione la dirigo (ma non è detto), se so che è armata (ma non è detto nemmeno questo), se so che questi metodi e finalità coinvolgono anche a vario titolo delle attività economiche (e anche questo è meramente eventuale), posso essere condannato per il reato di concorso in associazione mafiosa.
Benissimo, quindi, per conseguenza, se io in questa organizzazione non ci entro a nessun titolo, non posso essere punito, no?
Voglio dire, magari posso essere punito per altri reati, magari ammazzo qualcuno, e allora sono imputabile di omicidio, o vendo un'auto rubata, e allora c'è la ricettazione, magari il riciclaggio di denaro sporco, o aiuto un mafioso  a fuggire, ed allora c'è quanto meno il favoreggiamento, ma se non faccio nessuna di queste cose sono a posto, no?
ENNO', TROPPO FACILE SIGNORI MIEI!



La magistratura si è infatti letteralmente INVENTATA un reato, che non è quindi codificato da nessuna parte, in spregio ad ogni più elementare principio di giustizia proprio del più scalcagnato degli Stati di diritto, che è quello del concorso ESTERNO in associazione mafiosa: un'aberrazione giuridica TOTALE, non per niente nata quando due Eroi VERI nella lotta alla mafia, loro sì, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, erano già morti e sepolti.
Due magistrati che combattevano la mafia con metodi duri, ma democratici, giusti, equi, due magistrati che si affidavano alle prove vere, alle testimonianze suffragate dai fatti, sulla base di reati certi, esistenti, previsti sulla base di elementi sicuri, circostanziati, al di là di ogni dubbio. Due magistrati di diversa e quasi opposta formazione ideale, ma accomunati dalla ricerca della verità, dal rispetto della legge, dall'esclusione dei pregiudizi politici, ideologici, di ceto, morali nelle loro inchieste.
Al contrario di tanti che ci sono ora.

Ma allora cosa cavolo è 'sto reato qui?
Il concorso esterno in associazione mafiosa è in pratica il comportamento di chi in un qualsiasi modo, nemmeno esso perciò codificato una volta per tutte ma volta per volta individuabile nel concreto agire del soggetto, favorisca l'effettuazione da parte di un sodalizio mafioso dei suoi scopi illeciti, pur senza entrare a far parte di questo sodalizio (il che apre la stura ad una varietà di situazioni astrattamente sanzionabili che da sole o tutte insieme vanno dalla semplice telefonata alle frequentazioni amicali, dalla partita a tressette alla stesura di un contratto, dalla confessione al prete al consiglio legale, dal ritrovamento di un amico all'andare a letto con una persona, cose così).
Il concorso esterno in associazione significa quindi partecipare ma non partecipare, essere al di fuori e contemporaneamente all'interno, dire e non dire, fare e non fare, essere e non essere...

Ma vi rendete conto di quale aberrazione giuridica, umana, mentale ci sia dietro a questo reato che c'è e non c'è? Un reato, tra l'altro, che non prevede ovviamente per il suo compimento, data la sua estrema latitudine e vaghezza concettuale, nemmeno il dolo specifico, come è per il reato associativo che ne è il progenitore, cioè una volontà consapevole diretta specificamente ad una finalità criminale particolare e ben definita, ma un ben più semplice dolo generico, potenzialmente estensibile all'infinito secondo una casistica sconfinata e inesauribile???
Riassumiamo quindi: abbiamo un reato che non è scritto da nessuna parte, che punisce un comportamento non definito in alcun modo, che avviene nello sfondo di una vicinanza non ben specificata ad ambienti discutibili, ma sicuramente non concretizzatasi mai nel reato di associazione mafiosa sennò il reato sarebbe direttamente quello, e per di più motivato da un dolo generico purchessia, per cui in definitiva nemmeno occorre la coscienza vera che certe conoscenze, certe amicizie, certe relazioni abbiano tutta quella importanza criminale che penalmente viene loro attribuita.
In sostanza si dice all'indagato: "Incontri questo, questo e questo, fai affari con quest'altro, sei amico di un altro che è amico di questi qui, questi sono mafiosi, quindi sei mafioso a prescindere anche se non risulti fare parte organicamente della mafia. Che fai, confessi? Tanto in galera ci vai anche solo per questo".
Ma vi rendete conto il potenziale ricattatorio che si annida in un reato così concepito?

Vi rendete conto che di fronte ai magistrati d'assalto di questo momento storico si apre in tal modo un autentico vaso di Pandora, in cui chiunque può essere sottoposto a indagine per qualunque motivo, se solo per una volta si sia trovato a sfiorare certi ambienti, magari del tutto inconsapevolmente???...
Ma vi rendete conto che  basta un magistrato incapace, o un fondamentalista etico, o più terra terra un idiota, uno psicolabile, un amorale, un arrivista, un amante della celebrità o un militante ideologico sotto mentite spoglie, un esaltato della giustizia purificatrice del mondo, un livoroso e spregiudicato figuro colmo d'odio sociale, o di pregiudizio politico, se non addirittura territoriale, per mettere nei guai una persona solo perché magari fa l'avvocato di, o il prete che confessa quello lì, o perché è un politico (della parte avversa alla sua) costretto a relazionarsi con, o è un familiare o amico di, o più banalmente appartiene alla medesima zona d'origine di???
Con la discrezionalità e l'onnipotenza al contempo infinita ed irresponsabile di cui i magistrati oggi dispongono, con la possibilità di fare indagini a 360° su ogni campo dello scibile umano per anni e anni, senza che magari i diretti interessati ne sappiano nulla, disponendo ad esempio intercettazioni cosiddette a strascico che partono magari da un semplice "Ciao, come stai?" rivolto per telefono ad un amico d'infanzia ritrovato su facebook e che per sfiga e senza che lo si sappia è il commercialista di un amico fraterno di un picciotto indagato per qualche cosa???

E ci rendiamo conto, infine, che tutto questo, che magari ora ci può far sorridere o addirittura ci può proprio far piacere perché ad esserne colpito è un politico discusso, stretto collaboratore del "puzzone" per antonomasia, ricco, antipatico e pure siciliano (il che automaticamente, per certi personaggi, ne fa un mafioso a prescindere), può accadere nei confronti di ciascuno di noi, che si sia puri come gigli o anche no???
E che anche se si risulti alla fine innocenti (coi giornali che ne parlano, SE ne parlano,  in un trafiletto laterale a pag. 43) niente potrà mai riparare allo spiattellamento fatto all'inizio della vicenda in prima pagina a caratteri cubitali di intercettazioni telefoniche e/o ambientali nella quali ci siano le nostre parole con altri interlocutori, magari addirittura riferite da terzi e senza alcun contenuto penale, ma in cui emerge la nostra incazzatura piena di disistima verso il capo, o la nostra tresca con la segretaria, o, che so, venga fuori per la prima volta che un parente ha il cancro e magari noi nemmeno gliel'abbiamo detto...???

E tutto questo in barba a delle norme ben precise presenti nella Parte I (Diritti e doveri dei cittadini) della Costituzione, più esattamente nel Titolo I sui Rapporti civili (dagli artt. 13 ss.), come ad esempio quella sull'inviolabilità del domicilio (art. 14), quella sulla libertà e segretezza della propria corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione (art.15), quella sull'inviolabilità della propria libertà personale tout court (art.13)...
Ma si sa, quando intervengono i Cavalieri dell'Apocalisse ormai è tardi per stare a guardare il capello...
Facile dire "Io non ho paura delle intercettazioni perchè non ho nulla da nascondere..."
Diversa la prospettiva che emerge ora che ti ho fatto questi esempi, eh, amico mio che mi leggi?
Marcello Dell'Utri può essere antipatico a pelle (a me lo è), può essere moralmente un soggetto ripugnante, può averne sapute di cotte e di crude, conoscere la peggio gente, frequentare anche ambienti discutibili, non lo so, ma fino a quando tutto questo non si concretizzi in un reato di associazione a delinquere in quanto tale (pur con tutta la sua discutibilità) o non si traduca in uno o più reati di altro genere è assolutamente libero di fare ciò che più gli pare e piace, in un paese che si dice democratico come il nostro.
Il giudizio morale è il giudizio morale, influenzato da mille fattori che spesso, diciamo la verità, sono meramente pregiudiziali, ma il giudizio penale, no, quello è un'altra, e diversissima, cosa!






Ma questo è un paese che accetta supinamente un reato che non esiste come il concorso esterno in associazione mafiosa e che vuole a tutti i costi introdurre un'altra perla del diritto come il reato di voto di scambio, altra fattispecie lunare che serve solo a dare contro la politica, ovviamente solo quella che si vuole combattere, in senso unidirezionale, sappiamo bene quale, non certo quella giusta, che sa bene come va il mondo, quella che è l'unica casta, pura, disinteressata, aliena dai conflitti d'interesse, ispirata solo dal bene pubblico, macchescherziamo...???
Come se i politici che urlano di voler dare 80 euro in più in busta paga al mese, o di voler assicurare un reddito di disoccupazione a tutti, o di voler mandare in galera il "puzzone", titillando gli istinti più beceri, ignobili, bestiali della gente più semplice e facilmente condizionabile non usino le loro facili, demagogiche e illusorie promesse per avere in cambio un voto...
La verità è che a differenza loro io 'sti furbacchioni moralisti a un tanto al chilo non li voglio vedere in galera, li voglio vedere sconfitti solo alle urne, in modo chiaro e sulla base delle mie idee, se ritenute giuste e quindi premiate dal corpo elettorale.

Non è il voto di scambio in quanto tale che si deve reprimere, ma semmai ciò che vi è alla radice, se qualcosa c'è: una corruzione, un'estorsione, un ricatto, un'intimidazione...
Ma se ci sono questi gravi comportamenti sono essi che vanno puniti, non il voto di scambio, che semmai potrebbe al massimo essere ritenuto una circostanza aggravante del reato, vista la sua incidenza sul bene comune.
Ma in Italia siamo all'impazzimento totale.
Non so se avere delle speranze di un cambiamento sia più ancora giusto, inutile, sbagliato o semplicemente folle.


Non mi resta che questo blog.
Fino a quando mi permetteranno di farlo.

P.S. Oh, vi raccomando il famoso art. 41 bis dell'ordinamento penitenziario, poi...Ma ne parleremo un'altra volta...

Per saperne di più:







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